Bè, posso dirvi che è vero! O almeno, accade qualcosa di molto simile...
ma andiamo con ordine!
Risvegliati nella simpatica Akureyri ci rimettiamo sulla strada direzione Hafgrìmsstadir, che non è assolutamente una parolaccia ma il nome di una piccolissima città sperduta nel nord dell'Islanda. Vi starete chiedendo "ma che ci andate a fare dove si perse Cristo??"
La risposta è semplice:
RAFTING!

[...]Navigazione molto difficile. Onde forti e irregolari. Rapide lunghe che richiedono manovra attenta ed esperta. Presenza di rocce pericolose e mulinelli. Ricognizione preventiva necessaria. Chiede esperto navigatore, barca eccellente ed equipaggiamento di buona qualità. Una durata totale di 7 ore di cui 4 in acqua riservato solo ai maggiori di 18 anni[...]
Bene.
In fin dei conti, una volta nella vita ti trovi in Islanda a fare rafting, perché non fare il più bello che c'è? Così, dopo aver firmato la liberatoria che diceva che, in caso di incidenti, loro se ne lavavano le mani, e dopo aver pagato 19900 Isk per probabilmente morire, forti del "probabilmente" non ci restava che prepararci.
Per quanto riguarda l'attrezzatura, era completamente fornita dalla Artic Rafting. Così indossammo le nostre tute di neoprene (che secondo il paranoico Lorenzo, se fossimo caduti in acqua, se bucate, ci avrebbero fatto affondare inesorabilmente), i caschetti di sicurezza, vista la poco amichevole conformazione del torrente e i giubbotti galleggianti. Insieme allo staff, con un pulmino giallo old school, partimmo verso l'inizio del percorso che si trovava ad almeno mezz'ora di tragitto.


"Partimmo accompagnati da due ragazzi in kayak, che avevano la funzione di soccorso in casi di pericolo, ci stavano intorno e si divertivano mettendo in atto delle acrobazie incredibili. Nel primo tratto cercammo di prendere il ritmo e, con la nostra guida, iniziammo a prendere varie discese fino a quando, a metà percorso, arrivammo ad un avvallamento che Ermin catalogò come il più ostico. Tre rapide in sequenza fra le quali c'era un buco. Bè, sì, questo buco... proprio quello dove sono finito io! Con l'acqua che arrivava dall'alto della prima rapide e con il risucchio da sotto della terza.Un disastro! Non ci si tirava più fuori, attimi interminabili lì sotto, in cui davvero pensi che sia finita: ma dopo quello che per me è sembrato un anno -ma probabilmente sarà stato un minuto- ecco di nuovo la luce, ma subito un'altra ondata mi riporta giù… intanto il gommone aveva fatto un bel volo, ma gli altri erano riusciti prontamente a rimetterlo dritto; il buon Donato non se la spassava tanto meglio di me, anche lui aveva fatto un bel volo dal gommone in acqua, ma essendo caduto li vicino era stato subito tratto in soccorso dagli altri. A proposito, gli altri, Carlo D. con Lorenzo (il quale, solo al ritorno in Italia, ci ha svelato che quando c'erano le rapidi posava il suo culo all'interno del gommone e non sul bordo, come da regolamento), erano sani e salvi. E più asciutti di noi. Insomma, in tutto questo, io ero ancora li sotto, ma ci fu di nuovo la luce e, seguendo le fantastiche norme di sicurezza che ci erano state spiegate in precedenza, mi misi di spalle al torrente che mi si faceva davanti e mi sono lasciato portare dalla corrente fino a raggiungere il resto del gruppo!"
Brano "Vidi la luce"
Tratto dal Vangelo Secondo Carlo L.
12-35, 2

Passato lo spavento per la caduta, impugnamo le nostre pagaie e ci mettiamo di nuovo in acqua.
Nel resto del tragitto non avemmo altri particolari problemi, fortunamente tutto filò liscio. Così, dopo 4 lunghissime ore in acqua, vedemmo in lontananza la struttura dell'Artic Rafting... ce l'avevamo fatta!
Cit. Amaro Montenegro, sapore vero.
Se doveste capitare da queste parti, lettori cari, non esitate a provare anche voi, adrenalina allo stato puro!
Così, esausti come non mai, salutati i nostri nuovi amici ci rimettemmo on the road per tornare verso la capitale.
Un'altra giornata se n'era andata, il viaggio era quasi giunto al termine ma le sorprese per noi non erano ancora finite!
Carlo L.
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